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Suicidio di Bruto Minore

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Cerchia di Orazio e Angelo Marinali.

(fine del secolo XVII – inizi del secolo XVIII).

S 195: Marmo bianco di Carrara, 82,5x56x60,5.

Provenienza

dono Lucrezia Orgian, Vicenza 1908-1910? (vedi campo provenienza cat. 1); registrato 1940.

Inventari

[1954]: E II 33. Guerriero in marmo bianco che si uccide. Opera di ignoto del secolo XVIII. Proveniente dalla raccolta Tornieri. Cm. 82.5x64 [a matita P XVII; Fasolo, 1940 172].

Descrizione tecnica

Il busto, come gli altri pezzi della collezione di Arnaldo Primo Arnaldi Tornieri - pervenuta al Comune di Vicenza con lascito di Lucrezia Orgian (1908) - venne dapprima sistemato nell’atrio della Biblioteca Bertoliana (1910) e solo nel 1937 collocato in Palazzo Chiericati (Barbieri, 1962, II).

Tuttavia tale provenienza è stata proposta da Fasolo (1940), ma non è suffragata da documentazione inventariale, dal momento che anche il verbale di consegna steso da Domenico Bortolan nel 1910 riporta in modo generico “n. 13 busti grandi e piccoli compreso quello del conte Arnaldo I Tornieri”.

Il soggetto raffigurato nella scultura, che - in assenza di ulteriori specifici attributi, al di là della tenuta da guerriero, con elmo e lorica - risulta di non facile e precisa identificazione, dovrebbe riferirsi al suicidio di un personaggio storico e avere quindi la valenza di “exemplum virtutis”.

In tal senso, quale modello di Fortezza, potrebbe forse trattarsi di Bruto Minore (si veda quindi l’emblema CXX, Fortuna virtutem superans, dell’edizione del 1621 dell’Emblemata di Andrea Alciati).

Il linguaggio esibito da questo intrigante busto - registrato nell’inventario del 1954 come opera di ignoto del secolo XVIII - parrebbe orientare nella direzione dei Marinali e del loro atelier, come suggeriscono anche le peculiari cifre stilistiche marinaliane riscontrabili, ad esempio, nel caratteristico nodo del manto disposto sul fianco, dalle pieghe disposte secondo regolari cadenze.

Già Barbieri (1962, II) - pur assegnando l’opera ad anonimo scultore veneto - aveva fin da subito giustamente segnalato che “questa mossa e vivace scultura, ricorda nella scioltezza della tecnica e nel magniloquente atteggiarsi, le forme tipiche alla bottega di Orazio Marinali”, sebbene non ritenesse possibile collegarla “né al fare specifico del Maestro, di un livello certo più raffinato ed elegante, neppure alle opere note dei suoi più modesti collaboratori, i fratelli Francesco ed Angelo”.

In assenza di più precisi riscontri, non pare invece condivisibile l’opinione dello studioso - ribadita anche più di recente (Barbieri, 1995) - secondo cui l’opera andrebbe assegnata, pur in via dubitativa, al figlio di Orazio, Francesco Antonio Marinali, come dovrebbe suggerire il confronto, a dire il vero assai labile, tra i caratteri che emergono nei suoi disegni autografi, conservati presso il Museo civico di Vicenza, e gli elementi formali che connotano il busto in esame, quali “l’amplificazione un po’ vacua del gestire, che non si risolve come in Orazio in vibrazione luminosa delle superfici, ma rimane troppo pesantemente retorica, ad ancora questo accartocciarsi delle piume sul cimiero, questo svolgersi in andamento curvilineo dei capelli, della barba, dei lembi sinuosi del mantello” (Barbieri, 1962, II).

Bibliografia

Fasolo, 1940, p. 47, cat. 172 (ignoto del secolo XVIII); Barbieri, 1962, II, pp. 228-229 (scultore veneto fine secolo XVII, primi decenni secolo XVIII); Benali, 1985-1986, p. 212; Barbieri, 1995, p. 105 (Francesco Antonio Marinali?)ht è un carattere semplice da leggere, con lettere grandi e strette, che funziona bene sulla maggior parte dei siti.

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